Le riflessioni che sorgono sono tante, su di me, sulle aspettative che avevo verso questo viaggio di vita in giappone, verso il mio passato e tanto altro....
E' divertente andare a rileggere i propri pensieri passati, le proprie farneticazioni profonde o pseudotali, le bimbominchiate da adolescente scritte da un ragazzo di 25 o 26 anni, se non di uno di 20 anni se vado a riesumare il mio primo e vecchissimo blog.
Oggi guardo a quei pezzi con una profondissima tenerezza, come a dire che oggi sono un'altra persona, e da un certo punto di vista non sono passati che pochi mesi da allora.
Come vedevo questo viaggio in giappone?
Beh allora lo vedevo come una sorta di fuga, come la necessità di scappare da una realtà che mi soffocava, che mi toglieva spazio e ossigeno, da una vita che mi aveva tolto la felicità e che me la stava togliendo ogni giorno di più.Vedevo la mia vita in maniera negativa, guardando alla mia vita sentimentale come l'emblema dei miei fallimenti, senza curarmi che quella era solo una parte di me stesso, e probabilmente quella più insignificante. Non riuscivo a vedere tutto il resto di positivo che c'era accanto e intorno a me.
Ma capiamoci, dal mio punto di vista di allora tutte queste negatività erano concepibili e perfettamente comprensibili:
- venivo da un anno dal punto di vista sentimentale che mi aveva spento e distrutto emotivamente e psicologicamente;
- facevo un lavoro che non mi piaceva ma che facevo al meglio perchè era funzionale al mio progetto di vita, al mio progetto di fuga;
- insegnavo judo in palestra senza avere il tempo di programmare le lezioni e talvolta improvvisando, con un carico emotivo pesante che dovevo in qualche modo controllare perchè avevo a che fare con persone su cui non potevo far ricadere la mia rabbia e la mia frustrazione, inoltre mi sentivo frustrato perchè non riuscivo a trasmettere ai miei bimbi quello che realmente volevo trasmettere, finendo spesso per diventare un cane da guardia che abbaiava e basta;
- dopo anni di impegno in palestra (più sul lato gestionale che sul lato sportivo, ammettiamolo, quando avrei dovuto allenarmi ero troppo stanco fisicamente e psicologicamente e accampavo mille scuse, mille dolori e mille paure tra cui una spalla che mi sono rotto durante un'esibizione e che non ho mai curato per colpa di uno stupidissimo spirito di servizio e per aver sottovalutato la gravità della botta), dopo aver sacrificato i miei studi per il judo, dopo aver dedicato mattine, pomeriggi e sere a questo settore mi sono sentito trattato come un malfattore, come un truffatore, come una persona disonesta intellettualmente prima ancora che moralmente e fisicamente! Mi sono sentito tradito.
- in questo pesantissimo stato emotivo mi sono ritrovato a non avere sfoghi o vie di fuga, per cui ogni negatività dentro di me non poteva uscire o esplodere, ma era in un certo qual modo imbrigliata dalle mie responsabilità e dall'impossibilità di trovare tempo da dedicare a me stesso per canalizzare questa energia che si stava sfogando dentro di me;
- lavoravo assieme a persone per cui ho una grossa stima, ma anche assieme a persone per cui oggi provo una certa pena, persone arroganti senza arte nè parte, persone con un carattere di merda, pronte a tutto pur di pugnalarti o pur di scaricare le loro responsabilità sugli altri, persone che mi hanno mostrato cosa sarei potuto diventare continuando a spararmi addosso in quella maniera oppure continuando a non prendermi i miei spazi per canalizzare quella negatività.
Poi a pochi giorni dalla partenza ci sono stati 2 eventi... Di quegli eventi, di quelle chiacchierate che ti ribaltano completamente la prospettiva, che ti fanno guardare la tua vita attraverso gli occhi altrui, e ti fanno capire che tutto quello che pensavi in realtà non era altro che un meccanismo di auto-sabotaggio, che in realtà attorno a te c'erano e ci sono persone grandiose a cui vuoi bene e che ti vogliono bene.
Uno di questi eventi è stata una mia esplosione, l'aver completamente rotto gli argini e aver sfogato tutta la mia rabbia, tutta la mia frustrazione verso un'amica la cui colpa era stata quella di aver fatto cadere la classica ultima goccia, e da quella goccia si è riversato fuori lo tsunami della mia rabbia..
L'altro evento è stata una classica chiacchierata che ti apre gli occhi.
Un fulmine a ciel sereno che mi ha cambiato la prospettiva di questo viaggio.
Volevo partire per fuggire da quella che era la mia vita, volevo partire per fuggire da me stesso....
Sono partito per ritrovare me stesso!
La dimensione si è ribaltata, sono partito per ricercare la mia dimensione, per occupare il mio spazio, per dare spazio e vita alla mia creatività, ai miei desideri, alle mia passioni e alla mia volontà di crescita.
Prima di partire la mia intenzione era prima di tutto quella di andarmene, liberarmi di tutto quello che aveva pesato su di me, senza rendermi conto che non posso fuggire da me stesso.
E questa consapevolezza è stato il primo gradino...
Ora che sono partito e che ho portato con me solamente me stesso, lasciando a casa le ansie e le negatività della mia vita passata, mi rendo conto che la mia dimensione reale non è in giappone (nonostante io adori questa nazione e la trovi davvero su un altro pianeta rispetto all'italia... un'altra galassia da tutti i punti di vista) la mia dimensione reale è l'italia.
Il Giappone mi è servito e mi servirà per crescere, per creare quelle barriere mentali, quei costrutti, quelle formae mentis che mi permetteranno in Italia di non essere più schiavo degli altri e dell'altrui pensiero o volere, ma di poter essere libero di seguire le mie passioni, le mie volontà, anche da solo.
La vita in Giappone mi sta insegnando ad essere positivamente egoista pur senza dimenticare il mio carattere e la mia generosità verso gli altri. Quel lato di me non si può cancellare.... ma diventerà una cosa di secondo piano.
La prima cosa che sto imparando in questo viaggio psicologico prima ancora che fisico, è che c'è una persona nella mia vita che amo alla follia, e questa persona sono io, e non posso più... non devo piùlasciare ad altri la possibilità di rendermi felice o di togliermi quella felicità.
La mia felicità me la creo io, e chiunque vorrà accompagnarmi nella mia strada è il benvenuto o la benvenuta.
Ora la mia strada che percorro è solo mia,
e deciderò io quale sarà la mia destinazione,
un passo alla volta, un obiettivo alla volta!
Nessun commento:
Posta un commento